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Cosa è l'ansia


Il termine ansia deriva dal latino anxia che a sua volta risale al verbo angere - stringere, soffocare.Non è affatto facile definire l’ansia. Il problema è che il termine raramente è stato usato in modo univoco.

In generale, indica un complesso di reazioni emotive che si manifestano in seguito a uno stimolo che avvia aspettative negative. L’ansia aumenta quando la persona valuta il pericolo come imminente e grave, mentre diminuisce quando il soggetto sente di poter gestire la situazione. Tale emozione è considerata una reazione adeguata se innescata da un pericolo reale e se scompare quando il pericolo viene a cessare, stimola il soggetto ad agire, anche se, oltre un certo limite, può determinare un’interferenza sulle capacità dell’individuo di affrontare la situazione.

L’ansia rappresenta una situazione psicofisica che comporta manifestazioni della sfera psichica e somatica, coinvolgendo complessi meccanismi e diversi circuiti neuronali. Sono state identificate diverse zone implicate nella modulazione dell’ansia, tra cui risultano più importanti il talamo, con funzione di collegamento primario tra i sistemi recettoriali esterocettivi e le aree corticali, per l’elaborazione dello stimolo ansiogeno; l’amigdala, responsabile dell’acquisizione e dell’espressione della paura condizionata, attraverso una via breve, automatica ed involontaria, ed una via lunga, che implica la processazione dello stimolo da parte della corteccia. Le vie efferenti del circuito ansia-paura innescano una risposta automatica, che coinvolge il sistema simpatico e parasimpatico, determinando sintomi somatici quali l’aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, sudorazione, dilatazione pupillare, sintomi urinari e gastrointestinali (Pellegrino,2003). Il talamo svolge una funzione di collegamento primaria tra i sistemi sensoriali esterocettivi (uditivi, visivi, somatosensoriali), principali afferenze dei circuiti neuronali che determinano ansia e paura, e le aree sensoriali primarie della corteccia cerebrale, che proiettano l’input sensoriale alle aree adiacenti associative, per l’elaborazione integrata dello stimolo. Le aree associative corticali inviano quindi proiezioni a varie strutture cerebrali, come amigdala, corteccia entorinale, corteccia orbitofrontale e il giro del cingolo. Le afferenze viscerali non convergono sul talamo ed attivano il locus coeruleus e l’amigdala, sia attraverso connessioni dirette, sia attraverso vie mediate dal nucleo paragigantocellulare e dal nucleo del tratto solitario.

Ad un livello minimo di ansia la prestazione è praticamente nulla; con l’aumentare dell’ansia migliora la qualità della prestazione fino ad un livello ottimale, superato il quale l’ansia influenza negativamente la performance. L’ulteriore aumento dell’ansia comporta effetti negativi sulla prestazione che decresce progressivamente fino al punto di massima ansia che corrisponde all’impossibilità di ogni prestazione, alla paralisi. In particolare, l’ansia poggia le sue basi su un meccanismo fisiologico chiamato attacco-fuga che è il nostro programma genetico di comportamento quando ci troviamo di fronte ad un pericolo. In queste circostanze, il cuore accelera la sua attività, fornendo più sangue al cervello e ai muscoli; la respirazione diventa più rapida e profonda, procurando più ossigeno a tutto il corpo; la sudorazione aumenta, rinfrescando il corpo e rendendolo scivoloso e quindi più difficile da afferrare; molti muscoli si tendono con forza, preparandosi a un’azione rapida e vigorosa; diventiamo estremamente vigili e attenti. In altre parole, mettiamo in atto una serie di modificazioni fisiche che sono funzionali ad affrontare la minaccia o tramite l’eliminazione diretta del pericolo (attacco) o tramite l’allontanamento (fuga).

Dunque la maggior parte delle informazioni relative agli stimoli che inducono ansia e paura viene dapprima elaborata nella corteccia sensoriale (SC) e nelle aree associative, per essere trasferita alle strutture sottocorticali coinvolte nelle risposte affettive, comportamentali e somatiche. L’amigdala è l’area del cervello responsabile dell’acquisizione ed espressione della paura condizionata. La risposta di paura è particolarmente correlata a tre dei 13 nuclei dell’amigdala: il nucleo centrale (CA), il nucleo amigdaloideo laterale (LA) e quello basale (BA). Sono noti due circuiti: quello breve (short loop) che riceve gli stimoli dal talamo sensoriale e li trasmette al LA che, a sua volta li trasmette al CA. Il circuito lungo (long loop) invia invece segnali al LA, da parte della SC, insula (INS) e alla corteccia prefrontale. Da tali aree vengono inviati segnali al tronco cerebrale (BS) ed all’ipotalamo (HYP), a cui consegue la risposta autonomica e comportamentale della paura. L’amigdala quindi riceve dal talamo anche informazioni non elaborate, essa rappresenta l’epicentro degli eventi coinvolti nella modulazione degli stati d’ansia, nell’animale come nell’uomo, con un ampio spettro di connessioni reciproche con le strutture corticali, limbiche, implicate nella risposta emozionale, cognitiva, autonomica ed endocrina allo stress. Le interazioni neuronali tra l’amigdala e le altre regioni corticali e sottocorticali consentono la messa in atto di comportamenti di reazione al pericolo, dipendenti da molteplici variabili quali le caratteristiche biologiche dell’individuo, il suo temperamento, le pregresse esperienze, la contingente situazione emozionale, ecc. In tal senso l’importanza del carico stressogeno di un evento risulta più correlato alla valutazione soggettiva di un individuo che alla realtà obiettiva dell’evento stesso (Kandel, 2003). Una differente decodificazione corticale dello stressor influenzata dal contesto e dalle caratteristiche del singolo individuo, attiverà quindi la risposta emozionale a livello del lobo limbico e, da questa area, l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA): ne deriva una cascata di eventi finalizzati all’incremento della risposta neurovegetativa (es. aumento pressione arteriosa, frequenza cardiaca, dilatazione bronchiale, ecc.) (Lucci, 2004).

Questo programma fisiologico è simile a tanti altri come il meccanismo di suzione del neonato o lo stimolo della fame, il comportamento di protezione e difesa dei figli, il comportamento sessuale. Tutte queste sono delle risposte automatiche, programmate geneticamente, che si attivano nelle rispettive circostanze appropriate. Entro certi limiti, quindi, l’ansia è necessaria, in quanto ha un’importante funzione adattativa: se siamo di fronte ad un pericolo, a una minaccia o ad un’emergenza ci prepara ad un’attività intensa di “attacco” o di “fuga”.

Se l’ansia è una risposta di tipo adattivo quand’è che diventa patologica, cioè in quali casi compromette la capacità e l’efficienza funzionale di un individuo?

Un ruolo peculiare riscontrato nell’amigdala riguarda il contesto dell’incertezza, costrutto che sta alla base di molti paradigmi d’ansia, soprattutto di quella anticipatoria. L’incertezza può essere attesa, in un contesto già percepito come a rischio, o manifestarsi come inattesa quando esiste una modificazione di un contesto precedentemente non preoccupante; basti pensare a quanto pesi il senso di incertezza in un paziente oncologico che si presenti per un controllo nel contesto del follow-up della malattia attualmente silente.

Le reazioni d’ansia non si scatenano soltanto quando la situazione minacciosa mette a repentaglio la nostra incolumità fisica, ma anche in una gran quantità di situazioni in cui la fonte di pericolo non può essere affrontata adeguatamente con un attacco o con una fuga. Si pensi, ad esempio, a un esame o a una prestazione pubblica in campo scolastico, sportivo o lavorativo oppure alla conversazione con una persona di status molto elevato. Tutti questi casi non comportano un rischio che possa essere affrontato adeguatamente aggredendo o fuggendo, in quanto il nostro obiettivo non è salvare la vita. In ognuna di queste situazioni, invece, per raggiungere determinati obiettivi dobbiamo usare una serie di raffinate e complesse abilità cognitive, emotive, sociali e comunicative che vengono ostacolate quando l’ansia è eccessiva. Infatti, se è necessario poter ricordare bene un discorso già preparato, se è auspicabile poter contare sulla propria capacità di scegliere il modo migliore per esprimersi, il fatto che la nostra mente sia concentrata soltanto sul pericolo e sulle peggiori conseguenze dei nostri eventuali errori non ci aiuta affatto. Benché l’ansia sia parte della natura umana e benché tutti provino ansia in varie circostanze della vita, una certa dose di ansia accompagna ogni esperienza nuova, per alcune persone questa emozione può diventare un problema, ostacolando il raggiungimento degli obiettivi personali. La reazione d’ansia diventa disfunzionale, cioè patologica quando il livello d’intensità raggiunto dall’individuo non è proporzionato all’entità della situazione minacciosa e quando non esiste più un reale pericolo. In queste circostanze, l’ansia non è più un meccanismo di sopravvivenza, ma una reazione inappropriata a situazioni che non richiedono l’attivazione del meccanismo attacco-fuga. Si assiste a un’attivazione emotiva che è eccessiva per quanto riguarda la frequenza con cui si verifica, l’intensità con cui si manifesta e la durata.

Sia studi animali che di neuroimaging umana(è l’utilizzo di tecnologie di neuroimmagine in grado di misurare il metabolismo cerebrale, al fine di analizzare e studiare la relazione tra l’attività di determinate aree cerebrali e specifiche funzioni cerebrali) hanno dimostrato come non solamente l’amigdala sia coinvolta nell’apprendimento dell’ansia e nella valutazione se uno stimolo risulti essere allarmante o pericoloso, ma anche venga attivata nelle fasi di incertezza o quando il livello di minaccia non risulti ben chiaro o non raggiunga un livello di paura esplicita. Inoltre, l’esposizione allo stress determina una modificazione dei sistemi neurotrasmettitoriali del Sistema Nervoso Centrale (SNC), in particolare della noradrenalina (NA), della serotonina (5-HT) e della dopamina (DA), oltre al coinvolgimento del sistema gabaergico, con riduzione della funzione inibitoria dell’acido y-aminobutirrico (GABA) e liberazione di sostanze endogene ad azione ansiogenica. Le vie efferenti del circuito ansia-paura innescano una risposta autonomica, che coinvolge il sistema simpatico e parasimpatico. L’attivazione simpatica, mediata dalla stimolazione dell’ipotalamo da parte di amigdala e locus coeruleus, determina un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, sudorazione, piloerezione e dilatazione pupillare. L’attivazione parasimpatica, le cui principali proiezioni sono rappresentate dai nervi vago e splancnico, mediata dall’ipotalamo, dal nucleo paraventricolare, dall’amigdala e dal locus coeruleus, può essere collegata ai sintomi viscerali associati all’ansia, come i disturbi gastrointestinali e genito-urinari (Gilman, Newman, 2004). Infine, il sistema nervoso centrale influenza direttamente e indirettamente, attraverso complesse interazioni neuroendocrine e neurotrasmettitoriali, il sistema immunitario : la modulazione della immunosorveglianza può, allora, in determinate condizioni di esposizione a stress intenso e protratto, determinare una meiopragia d’organo o di sistema, fino alla comparsa di una malattia organica.

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